In questo periodo 46percento vive una sorta di gestazione, esiste ma non esiste. Poco più di una settimana fa l’ho messo online per permettere a qualche amica di correggerlo e per dimostrare a chi mi aveva dato credito quando ne parlavo (forse prima di tutto x dimostralo a me stessa) che facevo sul serio. Come a volte accade con la scrittura… si è innescata una reazione a catena di emozioni, relazioni e accadimenti.
Chi mi conosce lo sa, sono una persona che parte in quarta, di quelle che quando intravedono un obiettivo sono già in marcia per raggiungerlo, che quando si appassionano non sentono sonno o fatica. E, chi mi conosce sa anche questo, non sempre è un pregio. Il rischio è di ridurre il campo visivo e perdere qualcosa di importante.
Mi sono fermata un attimo allora a pensare. Perché questo blog mi ha già fatto già piangere di gioia, soffrire, temere di non essere all’altezza. E ho un po’ di paura per ciò che potrà diventare. Per ciò che già è in fondo, uno squarcio sulla mia vita, uno sguardo dentro la mia ferita.
Non so se quando nascono le idee hanno già una loro forma, se ci sia un disegno per loro da qualche parte, se qualcuno sa dove andranno a finire. Io credo che ogni idea, ogni gesto che compiamo, ogni iniziativa che prendiamo sia una specie di messaggio in bottiglia. Che può venire intercettato da qualcuno o si può perdere in mare. Può essere l’inizio della fine o la fine dell’inizio. Almeno io vivo così, con questo spirito ho aperto il blog, non sapendo se sarebbe rimasto un onanistico diario intimista, un luogo di dialogo sulla disabilità, un modo per chiacchierare di sport, una via per parlare delle dinamiche sociali che mi stanno da sempre a cuore. Se l’avrebbero letto in 5, 10, 100 o chissà…
Ad onor del vero avevo anche due “meschini” pensieri:
– non so né nuotare, né pedalare, né correre… scrivere più o meno sì invece. Magari se “scrivo di pedale, nuotare e correre” sposto l’attenzione sulla scrittura e posso sperare di passarla liscia davanti a tutti quelli che mi diranno “Come ti permetti di dire che sei una triatleta con quei tempi? Cosa credi di fare? Dove credi di andare?”…
– non ho le capacità economiche per uno sport di questo genere, ho una famiglia cui pensare, etc…etc…etc… ma forse scrivendo di questa avventura troverò qualcuno che “sposa” la mia causa di “mamma pazza che ha perso la testa per il triathlon” e mi da una mano.
Soprattutto, ora che mi sono fermata un attimo a pensare me ne sono resa conto, avevo un bisogno estremo di condividere queste emozioni, perché a differenza di altri, io non mi basto mai. E per me qualunque esperienza vale infinitamente di più se raccontata. Fin da piccola, quando mi accadeva qualcosa di bello, subito dopo lo rivivevo dentro di me come se lo raccontassi a qualcuno. Quindi sono qui per questo, insieme alle persone che con me vivono questa mia complessa e meravigliosa vita. E sono qui anche grazie a loro, soprattutto grazie alle persone che mi hanno scelto e mi scelgono ogni giorno come amica, confidente e compagna.
Scrivere è prendere continui sentieri, e ad ogni bivio qualcosa si lascia indietro, ma ciò che porti nello zaino come nella borraccia rimane con te sempre. Dedicherò un post a questo, intanto è solo un grazie, per chi c’è sempre al mio fianco, al di là delle parole. Nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte. Grazie.
“… Io non mi basto mai”: GRANDIOSAMENTE BELLO!
Grazie Giovanni! E’ una di quegli aspetti di me che sono insieme una manna e una dannazione. 🙂 E credo accomunino tanti appassionati sportivi.