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La mia prima volta

28 Aprile 2015 By Giovanna Rossi 2 commenti

Emozione, paura, attesa… la sensazione di essere pronta e di non esserlo affatto. La sicurezza di averlo desiderato per tanto tempo e poi lo smarrimento di non essere più certa di volerlo. C’era tutto questo dentro di me. E i pensieri si affollavano e si mettevano in fila. Poi di nuovo caos… poi ordine, poi… il momento è arrivato.

Nella vita ci sono mille prime volte, alcune epocali, altre meno, tutte però portano con sé aspettative e sensazioni che le rendono speciali. Tutte sono l’inizio di una nuova fase e ne concludono un’altra. Questa volta, pur avendo alle spalle una buona dose di prime volte, per me c’era un carico di responsabilità nuovo. Qualcuno aveva creduto in me e per questo mi aveva offerto un’opportunità, l’aveva fatto senza volermi bene, cosa che a me provoca sempre un certo effetto!

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Insomma quando sono partita per Milano un po’ di giorni fa ho sentito l’adrenalina allenarsi al giorno del mio esordio. Per la prima volta sarei salita su una bici “vera”, come quella del mio compagno, che vedo ogni giorno in garage, o quella dei tanti amici appassionati ciclisti, ma che ho sempre pensato non fosse cosa per me. Ero appassionata sì, tanto, ma non abbastanza per pensarmi in sella ad una bici da strada, soprattutto dopo gli interventi alla schiena.

Invece ora andavo a ritirare la MIA bicicletta, e non una bicicletta qualunque, una Specialized, assemblata e pensata per me. Con tutti i suoi pregi e i miei difetti!

Ho iniziato ad allenarmi con la mia mountain bike di prima fascia, a cui sono estremamente legata perché è stato un regalo speciale, che ha segnato forse l’inizio di tutta questa storia. Mi ero appena trasferita da Cesena a Reggio Emilia e la mia city bike tra le colline attorno a casa era inutilizzabile. E io amo la bici. E la mountain bike è arrivata come un regalo inaspettato, una sorta di benvenuto in terra emiliana, in cui l’appenino è a vista e non si vede il mare. Ricordo con emozione i primi giri qui tra il verde e le tante salite che mi hanno fatto sentire a casa. E mi hanno fatto incontrare mille ciclisti e mi hanno messo i primi chilometri nelle gambe.

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Vorrei che fosse chiaro che avrei esordito anche con quella bici, o che forse me ne sarei fatta prestare una, o comprato qualcosa di usato… Che avere una bici “come si deve” non era per me condizione sine qua non per essere una finisher. Poi c’è stato un incontro, di quelli speciali, inattesi ed epocali, ed è nata questa opportunità emozionante, questa sfida nella sfida. Annalisa Ricetti, responsabile del Progetto Donna di Specialized Italia è venuta a conoscenza della mia storia grazie ad un caro amico comune, e ne ha voluto saperne di più. È una di quelle persone che ama il suo lavoro, ama la vita attraverso lo sport e quando la guardi negli occhi percepisci un fuoco che arde. Annalisa è stata una delle prime persone a leggere il blog e ha presentato il mio progetto ai vertici di Specialized.

Quando ho varcato la soglia della sede di Milano il cuore andava a mille e quando l’AD ha detto “per me è sì” non stavo più nella pelle. Ripeto… non solo per la bici, ma per quello che rappresentava. Come un anello, non è tanto il valore in sé che lo rende speciale, ma ciò che rappresenta. E la mia nuova bici è davvero un gioiello! 🙂 Ma significa anche che posso essere anche io, come speravo intensamente, un mattoncino in questo grande palazzo che è lo sport, a modo mio, anche se non sono un’atleta e anche se arrivo per ultima. Anche se la mia storia è tutta da scrivere e sono molto più le incognite dei punti saldi.

Quindi, a seguito di quel sì, sono partita qualche giorno fa per Milano, dicevamo, per ritirare la mia Specialized, non prima che mi venisse definitivamente cucita addosso. Già… perché bici come queste sono come abiti di alta sartoria, escono solo su misura, nati per esserre indossati da una sola donna. Tu.

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Ero emozionata come una bambina, e spaventata… sapevo di non essere all’altezza, che avrei incontrato professionisti abituati a posizionare in bici i campioni, ma sapevo che tutto questo ora fa parte del gioco, che l’avevo voluto e desiderato e che dovevo fare il massimo per meritarlo. Devo dire che fin dall’inizio è stato tutto molto più semplice del previsto. Visi amici, professionisti umili e appassionati, ambiente allegro e giovane. E poi c’era lei… che mi aspettava sui rulli, ancora più bella di come me l’aspettassi.

Bisogna ammettere che alcuni timori erano oggettivamente legati alla mia condizione fisica. La mia schiena non si piega e questo non può non influire sulla postura della bici. Inoltre passando da una mountain ad una bici da strada il fattore rigidità del mezzo poteva essere fatale. L’attenzione doveva, ed è stata, massima sia nella scelta del telaio, sia nel posizionamento. Parlerò con calma di questi tecnicismi, soprattutto dopo averla provata un po’ su strada (lo sto già facendo… che figata!) e aver testato gli effettivi vantaggi di alcuni accorgimenti che abbiamo individuato.

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Per il momento volevo trattenere tutta la gioia di quel momento in cui sono salita sul mio bolide rosso, ho agganciato i pedali per la prima volta nella mia vita, e capito che quella era uno delle cose che volevo fare da grande. Ora il problema sarà correre e nuotare, perché pedalare così è meraviglioso!!!

 

 

 

 

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Commenti

  1. Stefano dice

    28 Aprile 2015 alle 21:29

    Sarà un piacere vederti sfrecciare sul bolide rosso per le nostre strade e ancor di più sotto la linea del traguardo…. Grandissima e avanti così a tutta!!

    Rispondi
    • Giovanna Rossi dice

      29 Aprile 2015 alle 21:48

      Grazie Stefano!
      Wow… il tuo augurio mi imbarazza un po’, mi sento così inesperta e ingenua davanti a chi, come te, sa cosa significa compiere un’impresa. Lo prendo però come un buon auspicio e guarderò i tuoi ben più alti traguardi per ispirare i miei! 🙂

      Rispondi

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Mi chiamo Giovanna.
Fino a qualche anno fa non sapevo cosa fosse il triathlon e trattavo lo sport con la diffidenza di chi è abituato ad usare solo il cervello. Ho cambiato idea grazie ad un intervento che mi ha costretto a ricominciare da zero per non finire sulla sedia a rotelle.
Oggi sostengo che le difficoltà possono essere meravigliosi trampolini di lancio e che lo sport mi ha cambiato la vita insegnandomi cose che nei libri non avevo trovato.
Lo racconto qui.

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