Alzi la mano chi non ha mai avuto paura! A volte ho come l’impressione che le persone definite coraggiose vengano considerate dei supereroi, persone fuori dall’ordinario, che, appunto, non conoscono la paura. Come fossero dotate di uno spirito superiore in grado di renderle indomite e spavalde, audaci e fortunate. È davvero così?
Qualche anno fa le maestre dell’asilo dei miei bimbi, durante una riunione, ci raccontarono una favola che mi toccò profondamente. Di quelle buone per i bambini, ma che fanno un gran bene ai grandi. Suonava più o meno così (al di là di qualche irresistibile licenza poetica):
“C’era una volta un re con la sua regina e, come in mille altre favole, desideravano tanto un bambino che non arrivava. Diciamo che questo è uno dei must di sicuro successo del genere “re e regina”, al tempo delle favole evidentemente non esistevano quegli aggeggi infernali che misurano la fertilità, obbligando l’amore a comando. Beati loro. I re e le regine aspettavano, semplicemente, trombando come ricci nel frattempo, immagino…
Alla fine il tanto desiderato bambino arrivò e fu festa in tutto il villaggio. In occasione della nascita l’immancabile fata, altro personaggio “mai più senza” dai tempi de La bella addormentata nel bosco, regalò al bambino 2 semi: il seme del coraggio e il seme della paura. Poi, come ogni fata che si rispetti, scomparve, dopo aver consegnato il suo regalo che certamente avrebbe cambiato le sorti del protagonista, lasciando madre, padre e villaggio intero attoniti e incerti sul da farsi. Le fate sono tutte così, un po’ come le zie alla lontana, mai una che ti chieda “Di cosa ha bisogno il pargolo?” o che stacchi un seppur modesto assegno per coprire le tante spese della natività… Arrivano e come per magia, appunto, trovano il modo di fare il regalo più assurdo possibile, e magari pretendono anche che tu sorrida come se ti avessero letto nel pensiero. Due semi…
Due semi per crescere in salute ed essere il figlio e il sovrano che tutti a lungo avevano desiderato.
“A pensarci bene…” deve aver detto un consigliere del re (o forse era un contadino un po’ troppo audace?) appena la fata si era educatamente dileguata, senza per altro favorire nulla al buffet “A pensarci bene… Io pianterei solo il seme del coraggio“.
Come spesso accade con le cose di apparente buon senso, l’idea deve avere avuto il favore della folla e dei reali, e così fu prontamente seminato il coraggio affinché il principino potesse crescere forte e appunto coraggioso. Ma l’albero del coraggio non ne voleva sapere di crescere.
Il re e la regina, a quel punto, dopo aver fatto probabilmente decapitare il brillante consigliere o l’audace contadino, mandarono a chiamare la fata, che nel frattempo si era organizzata per un “Giro del mondo in 80 giorni” e fu interrotta mentre Gandalf in persona la stava invitando a cena.
Quando la fatina arrivò le fu esposto l’annoso problema di un futuro in mano ad un principe privo di coraggio. Allora lei sorrise, amabilmente, come solo le fatine lunatiche e buone sanno fare, e rispose:
“Io ho regalato al principe due semi, quello del coraggio e quello della paura. Voi avete piantato solo il seme dal coraggio e questo non cresceva. La verità è che è necessario piantarli entrambi, e di entrambi avere cura, perché non può esistere il coraggio senza la paura”
Fu subito posto rimedio all’errore e piantati entrambi i semi. Il principe crebbe saggio e coraggioso per la gioia di mamma, papà e di tutti gli abitanti del villaggio.
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