Avrò guardato il mare almeno un milione di volte. Da bambina attendendo trepidante il permesso di entrare per fare il bagno, da ragazzina emozionata nelle prime uscite con gli amici.
Da adulta non ho mai amato il mare d’estate, ma ho amato infinitamente quello delle giornate di sole d’inverno o a primavera. Tante volte mi ha ridato vita.
Ricordo come adesso la prima volta che sono uscita a fare una passeggiata dopo il primo intervento. Andai al mare coi miei genitori e i miei bambini. Il vento freddo sul viso e il sole addosso. Il mare a ricostruire i pensieri. Una nuova vita davanti.
Quando ho iniziato a pensare al mio triathlon non potevo visualizzare il mare. Se mi pensavo di fronte al mare mi bloccavo. E sentivo l’istinto di mollare.
Per mesi ho evitato quel pensiero, poi qualcosa è cambiato.
Era stata un’alba sul mare a dar forma al mio sogno, mentre l’allenamento preparava il mio corpo l’acqua è diventata un’amica. O meglio, e più realisticamente, ha smesso di essere la mia nemica.
Quella di nuoto è la frazione che più mi spaventa, lo devo ammettere, il cui esito non riesco a prevedere, ma mi arrendo alla potenza del mare. E spero nella sua clemenza. So che quando uscirò dal mare saprò di me qualcosa che oggi non so e lo dovrò a lui.
Che sfida e ricostruisce, che giudica ma accoglie.
“Sii sempre come il mare, che infrangendosi contro gli scogli trova sempre la forza di riprovarci.”
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