Il 3 ottobre è finalmente arrivato (ok, è passato già da un po’… abbiate pazienza!), e tra i 3200 iscritti alle gare della due giorni di Triathlon di Riccione c’ero anche io, per coronare un sogno nato un anno fa all’alba di un’altra gara e coltivato per mesi. Ero lì con infinite emozioni e mille pensieri. Ero lì con le persone più care intorno, lì con sconosciuti che mi chiamavano per nome. Scrivere non è mai stato così difficile, ma eccomi a provare a raccontare: le cose che non dimenticherò mai del mio esordio nel triathlon.
#1 La nebbia
Il tempo sembra avermi graziato, come promettevano le previsioni non sento la pioggia fuori. Sono le 5, ieri sera sono crollata addormentata senza fatica. C’erano le cose pre gara da sbrigare, i bimbi da sistemare.
Sono le 5 del 3 ottobre e so che aspetterò la sveglia puntata alle 6,45 senza riaddormentarmi. Ne approfitto x fare esercizi di respirazione e per ripetere mentalmente i gesti che tra poco dovrò compiere davvero. Per la prima volta.
Il tempo mi ha graziato, ma che nebbia… Mi incammino verso la partenza della gara con i miei bimbi, al fianco la mia Ruby. Sento il rumore del mare, le onde infrangersi lievemente, ma lui non si vede. C’è un sipario grigio e ovattato, che lo separa, come a proteggerlo, dalla mia attesa che sta x finire.
#2 Il mare
Il tempo mi ha graziato, sì, e ora che intravedo il mare, sulla battigia, pronta finalmente sulla mia start-line, so che anche lui non sarà dei peggiori.
C’è nebbia, già, le boe si confondono nel grigio, le guardo come in un film. Ma il mare tutto sommato è calmo.
I giudici rifanno la spunta, i minuti sembrano non passare mai. Gli occhialini si appannano. Sento qualcuno che ogni tanto mi chiama. Guardo il mare, la nebbia, le boe… sempre troppo lontane.
Il cuore batte… tutun… tutun… è un fischio quello che spalanca la porta del mio sogno. La mia start-line.
Parto. Sola. Verso il mare tra la nebbia.
#3 La fatica
È arrivata molto presto, come uno schiaffo, alla prima boa direzionale in mare. Fatica che ha battuto l’ansia, che ero riuscita a tenere a bada nei giorni e nei momenti precedenti. Avevo visualizzato la gara molte volte, analizzato ciò che avrei provato, mi ero allenata sulle distanze da percorrere. Ero pronta. Avevo già nuotato in mare, in un un mare più brutto di quello. Mi avevano detto che i primi 200 metri sono i più difficili, e lo sapevo. Ma una cosa è conoscere il sentiero, un’altra è percorrerlo.
Quando la fatica è arrivata e mi ha tolto il respiro ho pensato a tutte le persone che c’erano ad aspettarmi là fuori, a quando durante gli allenamenti più difficili mi sembrava di scoppiare e poi ce la facevo, ho pensato che ero stata una stupida ad avere avuto questa idea del triathlon (sì, anche questo!!!).
Poi, quando ho realizzato che nessuno di questi pensieri mi avrebbe portato più facilmente a riva, mi sono concentrata a fare ciò che in fondo sapevo fare e ho continuato a nuotare. Anche se il gruppo si allontanava, anche se avrei davvero voluto essere da un’altra parte. Ho nuotato e la riva è arrivata.
#4 Il numero 202
Non è una legge da contestare, né un articolo del codice civile da ricordare. È un pettorale, un faro nella mia frazione di bici, governata da un’insistente nausea lasciatami in dono dalla frazione di nuoto. RICCI ITA 202 mi ha preso in custodia, prima inconsapevole, poi dichiarata, e mi ha tenuto in scia per un bel tratto di quella che consideravo la mia frazione forte a cui sono arrivata devastata. Maledetto mare…
Con un moto di orgoglio e disciplina devo ammettere che un paio di volte sono andata davanti io, ma poi le ho apertamente dichiarato le mie difficoltà e lei, come una vera compagna di squadra, nonostante non l’avessi mai vista prima e non era affatto della mia squadra, ha accettato di fare coppia. Non solo, ogni tanto verso la fine si sincerava che ci fossi ancora. Ricorderò sempre il suo saluto in zona cambio prima della frazione di corsa “Ciao, buon proseguimento” un po’ come dire… Io vado, ora te la devi cavare da sola!
#5 Il sapore del triathlon
Sapevo che ci sarebbe stato qualcosa di nuovo il giorno della mia prima gara. Sapevo che il mio ingresso nel triathlon si sarebbe compiuto sulla linea del traguardo e non su quella di partenza. È impossibile nuotare in mare senza bere un po’, questo lo sapevo, ma quando sono uscita dall’acqua il mio stomaco era letteralmente sotto sopra e in bocca sentivo pesante il sapore del sale. Avevo fatto tante riflessioni su cosa portarmi in bici per bere e reintegrare lo sforzo in acqua, che non era per me da sottovalutare.
La scelta alla fine era caduta su una borraccia di sali. Io non amo il gusto chimico e artificiale degli integratori, ne avevo scelto però uno di quelli americani che devo ammettere hanno un buon sapore e pensavo che bevendo solamente (e non mangiando ad esempio un gel) avrei avuto meno impicci. Negativo. Ho anche pensato che mi avrebbe tolto tutto il sale che sentivo in bocca. Negativo pure quello. Al primo sorso ho capito che se ne avessi dato un altro il mal di stomaco avrebbe avuto la meglio. Ho iniziato la frazione di corsa al sapore di sale (marino) con sentore di ciliegia selvatica (buono l’integratore americano!), poi ho visto qualcuno che mi porgeva un bicchiere d’acqua e mi è sembrato un miraggio.
Ora conosco il sapore del triathlon, so che in borraccia alla prossima gara devo mettere solo acqua e che devo allenarmi in mare come se non ci fosse un domani!
#6 Il mio nome
Avevo messo in conto che ci sarebbe stato qualcuno lì per me. Lo ammetto. Ammetto anche che questa cosa dopo avermi onorato e sorpreso, nei giorni precedenti la gara mi agitava non poco, fino ad infastidirmi… Organizzo eventi da tanti anni, scrivo comunicati stampa, faccio pubbliche relazioni. Eppure la ribalta non fa per me fino in fondo. Mi sento sempre in imbarazzo, ho sempre preferito di gran lunga il ruolo di “zia della sposa”, che tiene tutto sotto controllo ma sta defilata, che si inorgoglisce delle buona riuscita senza comparire davvero. Invece ero lì e sentivo gente che chiamava il mio nome. Uscita dall’acqua distrutta, e poi in bici. Mentre correvo, ad ogni giro. C’era la mia famiglia, sì, ma c’erano anche le persone che hanno condiviso la mia storia in questi mesi qui sul blog, persone che non conoscevo, persone che neanche si sono presentate. Persone che, con le loro voci, mi hanno spinto passo dopo passo verso il traguardo e che rimarranno per sempre tra i miei ricordi più belli.
#7 Il silenzio
Ci sono momenti della gara in cui invece sei davvero solo (pensa chi fa le lunghe distanze!), in cui senti solo il silenzio, il corpo e la fatica. Sono i momenti in cui ti chiedi perché, in cui cerchi di fare il punto su come stai, quelli in cui in allenamento scrivevo mentalmente gli articoli del blog. È un silenzio di quelli che fanno un gran bene, perché alla fine, quando raggiungi un obiettivo devi lavorare prima di tutto su di te, indipendentemente dagli altri e da quel che ti succede intorno. E la gara te lo ricorda. Ti dice: guarda che qui ci sei arrivata tu, e l’unica motivazione vera, che ti porterà al traguardo, è dentro di te.
Cuore che batte, braccia e gambe che, in silenzio, segnano la strada.
#8 Il risultato
Chiaro che non ricorderò il risultato per il valore che rappresenta. Ci mancherebbe! Mentre arrivavo io, le prime avevano già infilato il tacco 12 dopo la doccia e probabilmente facevano l’aperitivo rilasciando interviste in qualche bel locale di Riccione. L’obiettivo era arrivare in fondo e la promessa che avevo fatto ai bimbi era di impegnarmi a non arrivare ultima. Questo obiettivo è stato raggiunto e la promessa (per fortuna!) mantenuta.
La cosa che mi ha colpito, in realtà, è stata la precisione con cui alla fine, nonostante lo stomaco in subbuglio, nonostante per la prima volta facessi una dietro l’altra le 3 discipline, ho rispettato i miei tempi. Quando riflettevo sulla previsione non avevo mai piena fiducia che in gara sarebbe successo ciò che accadeva ogni giorno in allenamento. Anzi, una delle prime discussioni (sembra una vita fa!) che avevo avuto con Gabriele era proprio su questo. Io avevo avuto una delle mie crisi iniziali del tipo “E se non ce la faccio, cosa succederà, andrò in panico…” Lui, come nel suo stile, era rimasto completamente impassibile. E io ovviamente avevo dato di matto. Fu allora che mi disse: “Se arriverai sulla start-line tu saprai esattamente che ce la farai e come riuscirai a farcela”.
Detesto ammetterlo, ma è stato esattamente così.
#9 Le parole
Mamma mia, quanti messaggi mi sono arrivati! Dagli amici, dalle persone che hanno giocato un ruolo fondamentale in questa avventura pur non facendo esattamente parte della mia vita, da persone completamente sconosciute.
Qualcuno mi augurava in bocca al lupo, qualcun altro mi dimostrava stima e affetto, e qualcuno mi ringraziava. Qualcuno ringraziava me? Ecco, questa cosa che ciò che facciamo possa essere importante nella vita di qualcuno, che possiamo innescare riflessioni e cambiamenti mi emozionata da morire. E non c’è bisogno di fare un triathlon ovviamente, è bellissimo essere eletti a strumento del cambiamento, perché ti mette in connessione con la parte più profonda di un’altra persona, incarnando il suo riflesso. Il maestro arriva quando il discepolo è pronto. Il maestro non è quello che fa la differenza, il miracolo si compie negli occhi di chi guarda e vede il cambiamento che vorrebbe essere.
Sentirmi un motore di cambiamento è un’enorme responsabilità, ma è una delle sensazioni più belle che terrò dentro.
Senza tutte queste parole probabilmente sarei arrivata lo stesso al traguardo, ma sono certa che non sarebbe stata la stessa cosa. Grazie.
#10 Le lacrime
Io non piango mai quando è il momento, sono una schiappa anche nel pianto. O prima o dopo. Ho le emozione fuori asse. Mai che riesca a condividere un sano pianto collettivo nei momenti clou, se il momento chiama la lacrima io rimango integerrima, salvo poi scoppiare in un pianto a dirotto a giorni di distanza per un motivo qualunque.
Quante volte pensando alla gara durante gli allenamenti mi scendevano le lacrime! Pensavo alla gioia che avrei provato tagliando il traguardo, a quel momento incredibile che era la sintesi di un anno di lavoro, il punto di incontro tra il sogno e l’obiettivo. Tra follia e dedizione. Pensavo che avrei pianto, a dirotto. Invece se ripenso all’arrivo mi vedo col sorriso ebete prendere la mano di mia figlia, guardare negli occhi Gabri, e correre con lei come se volassimo, a portare a casa insieme la nostra umile e storica vittoria.
E poi davanti il muro di occhi delle mie amiche, quelle con cui ho condiviso la quotidianità dell’ufficio per anni, quelle che non vedevo da tanto e che avevano voluto essere lì, gli occhi di mia sorella e quelli di mia madre. Erano radiosi e tutti pieni di lacrime (qualcuno piangeva di brutto ad essere sincera!).
Questa è la mia finish line: l’abbraccio con mia figlia, un muro di occhi commossi e la sensazione di essere ad un nuovo inizio. Sempre io. Cambiata per sempre.
un solo commento: Sei Grande!
Che dire… Grazie!
SEI FANTASTICA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!! Non sei la sola a piangere, ti faccio compagnia e sono solo un appassionato di Triathlon (non praticante) di 75 anni……I miei campioni, sono tutti quelli come Te……fino ad arrivare ai GRANDI ITALIANI del C.S. CARABINIERI !!!!!! ciaooo e ancora BRAVISSIMA !!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Grazie Lorenzo!!!
🙂 Mi emozioni…
In psicologia si chiama RESILIENZA nello sport può essere sprint finale ma nella vita io dico: questa é grinta!
Mi sono emozionato pure io! Grandissima avventura e mi sento un privilegiato ad averla vissuta da fuori seguendo i tuoi post.
Grazie Giovanna
Grazie a te!
Tutto acquista un senso diverso quando non si è soli.
Complimenti, sei un motivo in più per lottare nei momenti difficili.
Grazie! Un abbraccio.