Continua il viaggio nei giorni che mi hanno messo alla prova, che mi hanno tolto qualcosa e dato la forza che mi mancava. Che mi hanno cambiato. Per sempre.
Tutto è cominciato nell’Estate del 2007, poi…
Inverno 2008 – L’intervento
Ci siamo. Gennaio è arrivato. Dopo settimane di preparazione è venuto il gran giorno. Padova mi aspetta. Ho fatto i 3 prelievi del sangue di rito per l’autotrasfusione durante e dopo l’intervento, incamerato ferro con le flebo, preparato la mia e la vostra valigia, ho fatto anche una sorta di testamento biologico. Perché l’idea di rimanere inerme attaccata a qualche macchina proprio non la posso sopportare, o forse è solo un modo stupido e scaramantico per stare un po’ più tranquilla.
10 giorni senza i miei bambini per la prima volta. Alby hai appena compiuto 1 anno e tu Meggy non ne hai ancora 3. Vi ho preparato una borsa piena di pacchetti, sono da aprire uno al giorno per scandire il tempo. Cose piccole (caramelle, giochini) ma man mano che la borsa si svuoterà voi saprete che la mamma è più vicina. I pacchetti sono più di 10, gli altri li ho dati a vostro padre in caso qualcosa non funzioni. Ma andrà tutto bene. Deve andare tutto bene.
Con me porterò due vostre foto (eccole qui nell’articolo) in un vecchia cornice da adolescente coi fiorellini, i vostri occhi. Ancora a darmi energia e tenermi attaccata alla vita.
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Mi hanno portato in sala operatoria molto preso la mattina. Quando ho riaperto gli occhi era già sera, la prima cosa è stata muovere i piedi, capire che potevo ancora sentirli, sapere, poi, che era filato tutto liscio. Subito dopo il dolore infinito del recupero. L’immobilità, la morfina, le medicazioni. E io vi guardavo in quella cornice a fiorellini e cercavo la forza di sopportare e ricominciare a muovermi, a camminare. Piangevo la notte, che negli ospedali è insonne per eccellenza, mettevo la musica alle orecchie e vi guardavo con le lacrime che bagnavano il cuscino.
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Dieci giorni lunghissimi e finalmente la gioia di riavervi davvero, senza potervi però vestire, cambiare, prendervi in braccio, portarvi all’asilo… Una mamma stesa a letto, buona solo per raccontare le favole e una grande famiglia quella dei nonni e delle zie che ci ha ospitato a lungo e si è presa cura di noi.
Ancora i vostri occhi mi hanno permesso di ritornare a camminare grazie ad una durissima riabilitazione, con l’obiettivo di riprenderci la nostra quotidianità, tornare nella nostra casa, essere di nuovo noi.
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Il 1 settembre il ritorno alla nostra vita. Ricordo che vi cambiavo in ginocchio, che andavo a letto distrutta la sera, che mi straziavi il cuore, Alberto, quando facevi le scenate perché non potevo più prenderti in braccio. Ma stavamo ricominciando ad essere noi. Quelli di prima e mai più come prima. Il futuro è lì: da costruire, da vivere. Andrà tutto bene. Deve andare tutto bene.
Difficile commentare….prima rileggo,penso….poi cmq mi rimane tanta ammirazione,grandissima gio’
Grazie! L’ammirazione è un privilegio immenso, di cui ogni giorno cerco di essere degna. A volte vale ancora di più!
Scusa ma il”PERSONAGGIO”che ha mollato la famiglia che fine ha fatto.?felice?o è intervenuta la goustizia divina?
Io credo che ciascuno di noi “paghi” le proprie azioni. Nel bene e nel male. E anche per lui è così..