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Ma che c’entra il lavoro con lo sport?

4 Luglio 2016 By Giovanna Rossi 8 commenti

Il 1 giugno ho rassegnato le mie dimissioni e qualche giorno dopo mi sono iscritta alla prima gara completa della stagione, il secondo triathlon della mia vita. Il 10 luglio a Ledro gareggerò, quindi, in uno sprint insieme a Marina e lo farò da libera professionista, non più da dipendente. Ma che c’entra il lavoro con lo sport? Direte voi, beh… io credo che qualcosa c’entri, almeno per me c’entra e provo a dirvi il perché.

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Lasciare un lavoro sicuro è come tuffarsi in mare aperto.

Lasciare un impiego dipendente, a tempo indeterminato vecchia maniera, ottenuto dopo anni di fantasiosi contratti di ogni tipo, ottenuto prima del Jobs Act e dei cavilli post renziani sul nostro diritto al lavoro… Lasciare deliberatamente un lavoro di codesto tipo, appunto, è come trovarsi deliberatamente in riva al mare con la muta pronti a tuffarsi. Una follia.

Non sai cosa succederà, ma sai che non te ne pentirai.

Come tutte le follie tu non sai bene cosa succederà. Senti che è la cosa giusta, senti di rispondere ad un desiderio profondo dell’anima, ma non sai come questo desiderio prenderà forma, le reali sensazioni che dovrai attraversare. La fatica da superare, la forza da scoprire, la gioia da assaporare.

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Una gara, come una scelta di vita, fa parte di un percorso.

Ci sono dei momenti in cui bisogna cambiare. Squilla un campanello e capisci che il conto alla rovescia è partito. Quello non è il momento in cui si deve cambiare però. Lì inizia un percorso fatto di preparazione, studio, allenamento che ti condurrà al grande salto. Così sono arrivata a cambiare lavoro. Seguendo una voce  e un desiderio che mi ha fatto pianificare con cura il momento in cui immergermi nell’acqua e iniziare a nuotare.

Ogni start-line, come ogni nuovo ruolo professionale, è un punto di arrivo, prima che un punto di partenza.

Quando sarò di fronte all’acqua so che sarò pronta, come la prima volta. Pronta a gestire il ritmo, la fatica, gli eventuali inconvenienti. Quando ho detto per la prima volta “Sono una freelance” mi sono sentita pronta. Pronta a gestire il lavoro, l’organizzazione, le difficoltà. Pronta a sapere ciò che devo sapere per fare il mio mestiere.

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Le motivazioni sono chiare al traguardo ma tu le devi rendere chiare ogni giorno.

La gioia dell’arrivo, come di un lavoro ben fatto, rischia di durare poco. Io però ho imparato ad inscatolarla dentro di me e ogni giorno la sbircio, la annuso la tocco e la faccio di nuovo mia. È il motore degli allenamenti e di quella parte del lavoro più noioso o di routine che tutti abbiamo. Il motore di ogni giornata.

Fare ciò che amiamo profondamente è un privilegio ma anche un rischio.

Amo fare triathlon e amo da impazzire il mio nuovo lavoro. Sono nata per scrivere e per condividere, ora me ne sono fatta completamente una ragione, e il mio corpo è nato per essere messo alla prova, ora lo so e ci ho fatto pace. Vivere nella propria essenza è un infinito privilegio e insieme un rischio. So anche questo. E mi piace.

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Fare della propria passione il proprio lavoro è la strada più impegnativa e spettacolare che si possa intraprendere.

Il triathlon mi ha insegnato ad avere fiducia in me stessa, che i sogni più impensabili si possono realizzare e che è possibile andare al proprio passo senza timore. Mi ha insegnato che ciò che amo è qui attorno a me e che voglio fare di tutto questo la mia vita. Ho scoperto, grazie allo sport, che la mia storia è una storia utile e ho scoperto che ci sono tante storie, e le storie sono persone, per cui voglio commuovermi, che voglio raccontare, che voglio aiutare a diventare grandi.

Insomma ho cambiato vita perché la mia vita adesso è fatta di storie e di sport, di persone che hanno sfide da affrontare e obiettivi da raggiungere. Di parole che avvicinano i cuori e che fanno da ponte.

Ecco, ho cambiato la mia vita perché voglio essere un ponte. Un ponte che avvicina le persone ai propri valori, che le aiuta a raggiungere i propri obiettivi, che trasforma i sogni in parole e le parole in sogni. Ho studiato tanto per questo, sono nata per questo.

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Il 10 luglio sarò a Ledro davanti al lago con Marina a fianco, e tanti amici incontrati in questa nuova vita. Neanche un anno fa al bordo di un altro lago, il Brasimone, con un fazzoletto rosa che le cingeva il capo calvo, mi disse che non avrebbe mai più fatto triathlon. Lo diceva perché il suo sogno impossibile di ricominciare era chiuso in una cicatrice che le solcava la pancia. Quella cicatrice c’è ancora, e ogni tanto fa anche le bizze, ma quel sogno domenica sarà nelle nostre mani. Nelle nostre mani, nelle nostre gambe e in ogni battito di cuore che pomperà sangue e ossigeno ai nostri corpi. Siamo arrivate lì con tanta pazienza e impegno, abbiamo tirato fuori il nostro sogno, aiutandoci a vicenda, e ora nessuno ce lo porta più via. GRAZIE MARY, arrivare con te al traguardo sarà l’onore più grande!

PS: lo so che non si capisce esattamente cosa faccio ora, ve lo spiego un’altra volta. 😉

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Archiviato in:140.6 (il mio triathlon)

Commenti

  1. Antonio dice

    4 Luglio 2016 alle 17:32

    E io piango! 😍

    Rispondi
  2. Maurizio dice

    5 Luglio 2016 alle 12:49

    Complimenti.. Hai avuto il coraggio che manca a tanti!! In bocca al lupo..

    Rispondi
    • Giovanna Rossi dice

      6 Luglio 2016 alle 10:51

      Viva il lupo! Grazie. Spero che la passione mi guidi ogni giorno, anche in quelli più difficili.

      Rispondi
  3. stefania dice

    6 Luglio 2016 alle 16:17

    Complimenti per il coraggio e per la forza…mi piacerebbe conoscervi…chissà forse c’incontreremo prima o poi
    ho iniziato a correre circa un anno fà….

    Rispondi
  4. Gloria dice

    16 Luglio 2016 alle 2:45

    Complimenti… ti ho appena scoperta, “x caso”, tra un rimando di link gironzolando tra fb e articoli, e quello che hai scritto mi ha moto colpito. Bello… bello davvero quello che trasmetti! (e anche COME lo trasmetti, scritto molto bene 🙂 )
    Grazie.

    Ciao e in bocca al lupo x tutto!!

    P.S. Il primo tuo articolo che ho letto è “Io non voglio essere solidale con le vittime di Nizza”: meraviglioso.

    Rispondi
    • Giovanna Rossi dice

      16 Luglio 2016 alle 9:11

      Grazie Gloria. Un abbraccio!

      Rispondi
  5. Agmisidoro dice

    18 Luglio 2016 alle 3:19

    Comprendo la tua gioia e spero x te che la tua realizzazione sia reale , ma permettimi di pensare che in tt qll belle parole che hai scritto ci vedo solo un gran fumo che nasconde qll che ritengo uno dei peggiori mali contemporanei: l’egoismo… tu e marina, marina e tu, fai intravedere un mondo che non mi piace e non mi appartiene… io non lascerei mai la sicurezza economica di un posto di lavoro solo x il fatto che qs mia scelta ricadrebbe sulla mia famiglia, sui miei figli (a proposito tu ne hai? Non credo …) vs che io lavoro anche x sopperire ai loro fabbisogni e cerco di farlo al meglio con il massimo che posso dell’onestà, vs che loro sono qll che resisterà di me quando non ci sarò +… vivi con gioia il tuo sogno , io mentre spero che il tuo messaggio non venga travisato come una regola ma resti qll che x me è, ovvero un eccezione, sorrido …

    Rispondi
    • Giovanna Rossi dice

      18 Luglio 2016 alle 23:18

      Ciao, io e il mio compagno abbiamo 3 figli. Ovvio lavoro per loro soprattutto. Ho cambiato lavoro perché la vita mi ha chiamato altrove. Marina ha un tumore ovarico, io sono invalida. Facciamo sport e con le nostre storie portiamo un messaggio di speranza. Credo che si possano fare scelte diverse ma essere comunque rispettabili e onesti. Ti auguro ogni bene.

      Rispondi

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Mi chiamo Giovanna.
Fino a qualche anno fa non sapevo cosa fosse il triathlon e trattavo lo sport con la diffidenza di chi è abituato ad usare solo il cervello. Ho cambiato idea grazie ad un intervento che mi ha costretto a ricominciare da zero per non finire sulla sedia a rotelle.
Oggi sostengo che le difficoltà possono essere meravigliosi trampolini di lancio e che lo sport mi ha cambiato la vita insegnandomi cose che nei libri non avevo trovato.
Lo racconto qui.

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