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La fertilità è una questione di Stato?

31 Agosto 2016 By Giovanna Rossi 2 commenti

Non bastava la nonna con lo sguardo disapprovevole ai pranzi di Natale, la compagna di classe con aria fintamente consolatoria quando ti presentavi al suo matrimonio senza neppure il fidanzato, ora ce lo dice anche la Ministra: donne, i figli dovete farli presto! Cosa? Come? Ho capito bene? 

fertily day

Aver istituito il Fertily day è qualcosa che sta tra il paradosso, lo sfottò e l’intuizione geniale. Partiamo dall’ultima. Mi piace guardare sempre positivamente le prese di coscienza. Rendersi conto che c’è un problema, un’area di miglioramento o un ostacolo è sempre il primo passo. come si dice… presa di coscienza. Quindi per me è positivo che qualcuno si sia preso la briga di constatare che in Italia si fanno pochi figli e si fanno tardi, con conseguente “Ormai i figli li fanno solo gli stranieri, ci stanno invadendo…”. Buongiorno! Buongiorno nel senso “È vero facciamo pochi figli”, non il resto!

La seconda fase però sarebbe quella di chiedersi il perché. Perché facciamo pochi figli? Per una serie di ragioni, credo. Alcune sono appannaggio esclusivo del nostro libero arbitrio e altre probabilmente hanno molto a che fare con la società in cui viviamo.

#fertilyday

Io, che tutto sommato ho fatto figli sotto i 30 anni e quindi in regola con i nuovi presunti dettami, posso dire che è molto difficile essere madre in Italia. Ricordo un colloquio fatto in un’azienda composta quasi esclusivamente di donne, tutte poco più grandi di me, tutte senza figli, io ero lì davanti al Presidente (donna!) e avevo due figli piccoli a casa. E avrei preferito fare un part time per questo. Ricordo il suo sguardo. Ricordo come mi sentii. Inadatta, spaventata, imbarazzata.

Tutti i nostri servizi sono strutturati sulla famiglia del dopoguerra. Abbiamo scuole che chiudono più di 2 mesi d’estate, orari scolastici ridicoli, costi degli asili proibitivi. Una società fatta per gli anni in cui le donne possibilmente non lavoravano, i mariti avevano stipendi che mandavano avanti tutta la famiglia e i nonni abitavano a due passi. Questa non è più la nostra società. Buongiorno! I mariti da soli non mantengono più l’intera famiglia. Le spese per casa e famiglia sono cresciute esponenzialmente. Adesso le donne si sentono chiedere ai colloqui se hanno intenzione di fare figli, vengono spesso escluse dalle selezioni in virtù della loro caratteristica di procreatrici e quando lavorano devono fare i salti mortali per avere quel minimo di flessibilità che le farebbe sopravvivere tra carriera e lavoro. Ma le donne possono scegliere e dare precedenza alla carriera, certo. Appunto.

Poi credo che ci sia una deriva verso la comodità nella nostra società che sia altrettanto pericolosa. I figli sono una bega, c’è poco da dire. E fino a quando non scatta il campanello di allarme biologico (verso i 40 il 99% delle donne senza figli si agita) se ne può fare a meno. Al massimo ci prendiamo un cagnolino da trattare come un bambino. Tristezza. Libero Arbitrio. Anche questo è da costatare credo.

Ma perché questa campagna fa così arrabbiare? Perché uno Stato deve rispondere alle esigenze della propria società per educare. Uno Stato dovrebbe essere un leader, dovrebbe aprire la strada, dare l’esempio, metterci del suo. Allora sì che può indicare un cammino. Altrimenti è una beffa, un “armiamoci e partite”, un proclama che ricorda certi dettami della peggior cattolicità. Quei dettami che hanno reso l’Italia un posto per tanti versi detestabile.

fertily day

Credo che ogni donna sia libera di decidere se e quando fare un figlio, credo che uno Stato possa impegnarsi per diventare un luogo in cui fare un figlio non sia una corsa ad ostacoli. Dove fare un figlio non sia solo la cosa più bella del mondo ma sia anche un modo nuovo (e non impossibile) di essere cittadini.

Allora sì che la fertilità sarà un bene comune. E sarà una buona cosa.

 

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Commenti

  1. Lisa Miracolosa dice

    28 Febbraio 2017 alle 20:20

    Grazie Giovanna. Io credo che il punto di partenza fondamentale sia l’istruzione scolastica e universitaria: deve essere più efficace, veloce e pragmatica. Se una donna finisce l’università a 28 – 30 anni per poi entrare nel mondo del lavoro con un contratto precario, difficilmente potrà pianificare una gravidanza quando è ancora nel pieno delle sue capacità riproduttive.

    Rispondi
    • Giovanna Rossi dice

      2 Marzo 2017 alle 13:39

      Vero! Il percorso come si prospetta ora non favorisce di certo.

      Rispondi

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Mi chiamo Giovanna.
Fino a qualche anno fa non sapevo cosa fosse il triathlon e trattavo lo sport con la diffidenza di chi è abituato ad usare solo il cervello. Ho cambiato idea grazie ad un intervento che mi ha costretto a ricominciare da zero per non finire sulla sedia a rotelle.
Oggi sostengo che le difficoltà possono essere meravigliosi trampolini di lancio e che lo sport mi ha cambiato la vita insegnandomi cose che nei libri non avevo trovato.
Lo racconto qui.

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