Abbiamo una giornata nazionale del bullismo, bene, ci sono campagne di volti noti che guardando in camera con sguardo serio sentenziando”No al bullismo”, iniziano a spuntare a scuola incontri ad hoc per genitori e ragazzi, articoli di giornali, video, dichiarazioni di esimi psicologi sul tema. Bene, io continuo a credere che il bullismo sia un falso problema. E vorrei spiegare perché, da mamma prima di tutto e poi da cittadina.
Grossomodo per bullismo si intende una serie abbastanza ampia e variegata di comportamenti vessatori ripetuti da un ragazzino (bullo) contro un coetaneo (vittima) nel silenzio generale (gli altri). Già questa definizione è fuorviante perché schematizza la questione come se parlassimo di un semplice reato. E sui reati siamo tutti d’accordo. La vittima poverina, il bullo è da punire, gli altri dovevano parlare. Ma così semmai facciamo momentaneamente giustizia, non risolviamo nulla. Se parliamo di bullismo in questi termini è sempre un problema degli altri. Come negli incidenti stradali “Il bulgaro che ha ucciso quella povera madre andava ai 100 all’ora”, peccato che ai 100 all’ora ci vadano un sacco di persone sulle strade secondarie e se siamo onesti sarà capitato anche a noi almeno una volta. Parlare del bullismo così è facile, troppo, e quando i problemi sono posti per essere affrontati in maniera unanime dovremmo tutti insospettirci. È un po’ come lavarsi la coscienza, scegliere una scorciatoia, rendersi conto che c’è un’emergenza, che la soluzione giusta richiederebbe uno sforzo immane e molto tempo, così troviamo un piano b veloce e d’effetto: parliamo di bullismo. Vittima, carnefice, omertà. Non funziona.
Ma allora di cosa dovremmo parlare se non di bullismo?
Il bullismo esiste. Ma il bullismo non è il problema. Almeno secondo me. Che sono mamma di due ragazzini, che ho avuto a che fare con i bambini per decenni, che da cittadina cerco di guardare il mondo tenendo la mente accesa. Il bullismo è solamente la punta dell’iceberg.
È quello che c’è sotto il problema. Quello che c’è sotto ciò di cui dovremmo parlare. Più passa il tempo, più sperimento il difficilissimo ruolo di genitore, e più mi rendo conto che sono i gesti quotidiani, le abitudini e l’esempio che educano i nostri figli e quindi seminano il cambiamento nel mondo. Questo me lo ha insegnato anche lo sport, ormai lo sapete. E da noi credo sempre si debba partire per cambiare ciò che non ci piace. Il bullismo è una cultura, non un episodio. Una cultura che qualche decennio fa (forse prima, nell’opulenza del boom economico) ha iniziato a cambiare i suoi connotati.
Oggi un ragazzo non pensa a fare qualcosa di grande, pensa a diventare famoso.
Non pensa ad avere il lavoro dei sogni, ma ad avere successo.
Oggi un ragazzo si relaziona sempre più spesso con il mondo online, svilendo le parole del loro potente significato. Ma soprattutto abituandosi ad un mondo in cui si è infinitamente meno responsabili. Perché possiamo colpire e poi scappare, senza paura che qualcuno ci insegua e ci prenda per la coppola. E noi genitori li lasciamo fare.
Oggi i limiti sono qualcosa di sempre più distante e con cui ci misuriamo pochissimo. Cresce il senso di onnipotenza e arroganza. Aumenta così una frustrazione insensata e violenta quando alla fine il limite arriva, perché i limiti esistono e anzi sono il meglio con cui fare i conti per diventare persone migliori. Ma bisogna conoscerli ed allenarci ad affrontarli. Una frustrazione, quella insensata e violenta, che si riversa spesso contro il primo che capita, o meglio il debole che capita.
Oggi il mondo è ancora diviso tra buoni (noi, occidentali, autoctoni, eterosessuali) e cattivi (loro, immigrati, stranieri, omosessuali). Cavolo, io ora vivo a Reggio Emilia, ci sono più calabresi che reggiani, ma insieme si odia appassionatamente i nigeriani. Dai… non può funzionare così. Gli altoatesini pensano che i terroni siamo noi! Svegliamoci.
Quando abbiamo iniziato ad insegnare ai nostri figli che era meglio avere successo che studiare per diventare ciò che desideravano?
Quando abbiamo innescato la miccia del “la mia religione è quella giusta”, “la mia nazionalità è quella giusta”, “la mia preferenza sessuale è quella giusta”…
Quando abbiamo gettato la spugna rispetto alla crescita culturale della nostra società? Quando abbiamo alzato il volume della musica perché coprisse definitamente il rumore dei pensieri?
Tutto questo c’è sotto quell’iceberg, ma soprattutto c’è il menefreghismo e l’ignoranza dei genitori. Perché è più comodo parlare di bullismo, pensare che sia un problema di pochi e non fare nulla, piuttosto che rimboccarsi le maniche e tentare di recuperare i cocci della nostra società attraverso le nostre scelte. Nella classe di mia figlia hanno distrutto 2 cestini della spazzatura, ogni giorno sparisce un oggetto da uno zaino… questa è l’emergenza! Ma nessuno ci ha chiamato, nessuno ha messo i 50 genitori davanti alle loro responsabilità. Se ne parla, si chiede pacatamente la collaborazione durante le pochissime riunioni, ma finita lì. Si aspetta il morto, come si dice, e poi si parla di quello…
Ma come combattere la cultura del bullismo quindi?
Questa è la cultura del bullismo. Ognuno dei nostri ragazzi è bullo, perché noi lo siamo. Non rispettiamo le regole, guidiamo smanettando col cellulare, inveiamo contro gli altri continuamente, accettiamo continuamente che si compiano ingiustizie. Questa cultura non porta rispetto per l’autorità, per gli spazi comuni e per l’altro. E fa danni incredibili.
Di questo dobbiamo parlare, su questo dovremmo avere il coraggio di prendere tutti impegni quotidiani. Di prenderli davanti agli altri e poi di risponderne. Noi per primi. Perché lo so anche io che è più facile lasciare che i ragazzi facciano ciò che vogliono, più facile insegnargli la via semplice delle scorciatoie e della prevaricazioni. Ma così non andiamo da nessuna parte, o meglio così continuiamo questa tristissima deriva di cui i maltrattamenti saltuari tra coetanei sono solo un piccolo seppur pericoloso risvolto. Allora va bene, se volete guardiamo il dito, ma solo un attimo poi parliamo della luna.
Combattiamo insieme la cultura del bullismo, quella di cui siamo tutti responsabili ogni giorno, non fermiamoci alla sua bieca manifestazione. Andiamo al sodo del problema, mettiamoci in discussione concretamente. Facciamolo subito. Perché il cambiamento inizi ora. Cominci da noi. Cominci da qui.
(foto di Matteo Galacci)
Grazie!!! Un dono raro questo sguardo profondo e libero, siamo tutti sempre più impoveriti e prigionieri di pensieri indotti e automatici, c’è un coro che ci canta sempre la stessa canzone e senza accorgercene, per inerzia, per pigrizia, per comodità, per non metterci in discussione, finiamo per crederci e diventiamo anche noi parte del coro!
Mi si sono dilatati i polmoni nel leggerti, davvero un dono il tuo respiro libero!
Grazie Emilia!
È molto difficile mettersi in discussione, ma io credo che sia indispensabile. La maternità e la paternità sono strumenti incredibili per diventare persone migliori. 🙂 Ma ovviamente l’occasione è da cogliere perché sia efficace!