Ho letto come tanti la storia del piccolo Charlie Gard e come tanti ho pensato di non avere gli strumenti per giudicare e farmi almeno un’opinione minimamente oggettiva su questa vicenda. Ma quel che è successo non può lasciare indifferenti e non può che scatenare domande profonde, che toccano le corde più nascoste del nostro animo.
Sono una mamma, tifo per la scienza, non sono credente. Eppure questa storia mi è arrivata violenta come un pugno sullo stomaco. Non mi torna che questa famiglia non possa essere accompagnata in modo diverso verso il proprio dolore. Perché questa apparente freddezza delle istituzioni e dei medici? Continuo a sperare che ci sia un motivo.
Un motivo per non acconsentire le cure sperimentali, un motivo per voler interrompere una piccola vita, un motivo per non lasciare vivere a questo bambino gli ultimi giorni come desiderano i genitori. Ma la verità è che non riesco a capire la freddezza, l’incomprensione del dolore. Forse non conosciamo i dettagli di questa vicenda, ma l’urlo disperato di quei genitori è uno schiaffo a ciascuno di noi. “Lasciateci fare il bagnetto al nostro bimbo, lasciate che dorma nella sua culla”. Poteva capitare a chiunque, ognuno avrebbe reagito diversamente. Ognuno ha il sacrosanto diritto di vivere certe situazioni come meglio crede. Davvero è meglio che le cose vadano come dicono i medici? Davvero oltre a doversene fare una ragione, se la devono fare come dicono medici e istituzioni?
Mi si affollano i pensieri mentre penso a quella mamma e mi tornano in mente le amiche che hanno vissuto situazioni complicate coi loro piccoli. Perché capita spesso e quando un figlio è in pericolo di vita ciò che si prova è indicibile, e spesso ingestibile. Ci vuole aiuto, ci vuole qualcuno che ti prenda per mano. Qualcuno che aiuti a trovare un senso.
Non siamo mai abbastanza grati della vita. Questo è il primo pensiero di mamma che nasce dentro di me ogni volta che leggo storie di dolore e bambini. Infinita gratitudine per le due creature che ho il privilegio di crescere e che ho visto fare il primo passo, dire la prima parola, calcolare la prima operazione.
Ha più diritti un genitore o uno scienziato? Meglio… qual è il confine tra umanità e medicina? Perché un uomo non può essere libero di vivere o di morire? Vale per l’eutanasia, sì… ma vale anche per la vita, perdio!
Queste vicende ci sbattono in faccia quanto la macchina scientifica e legislativa abbia più che mai bisogno di etica. La scienza ha fatto passi da gigante, ormai siamo in grado di compiere veri e propri miracoli, impensabili fino a pochi anni fa. Ma non abbiamo dato la stessa importanza alla dimensione umana di questa escalation verso l’onnipotenza. Riusciamo solo a dare lezioni ideologiche o strumentali, non riusciamo a costruire un pensiero che possa aiutare la scienza ad umanizzarsi.
Mi piacerebbe che queste storie fossero almeno un pungolo per iniziare a ragionare su come la scienza non possa rinunciare alla dimensione etica e morale. Non religiosa, ma umana.
E, se da una parte vorrei vedere riuniti fior fior di pensatori, filosofi, medici dall’altra penso basterebbe una mamma. Una mamma a cui scendono le lacrime solo al pensiero, una mamma che capisca, senza troppe parole. Basterebbe una mamma e l’ultima ninna nanna di Charlie sarebbe la cosa più straziante e naturale di questo mondo.
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