Sembra passato molto tempo ormai da quando Gabri mi chiamò con la voce strana… Ho sentito Ivan, mi disse, non capivo quel tremore nelle sue parole, quel silenzio che sembrava trattenere una confessione… Sembra che Ivan abbia la SLA. Sembra passata quasi una vita, in realtà parliamo di pochi mesi. A volte il tempo si dilata e distorce, soprattutto quando accadono quelle cose che dividono per sempre la tua vita tra un prima e un dopo.
Ivan è uno dei migliori amici di Gabri, vive a Verona, non vicinissimo, ma è una di quelle persone con cui non contano i km, di quelle che incontri per caso e che poi non smettono mai più di far parte della tua vita. Gabri e Ivan si sono conosciuti per questioni pallavolistiche. Ivan racconta spesso che sentì Gabri parlare come docente ad un corso per allenatori, Gabri allenava nella società concorrente, a quel tempo era un esperto di settori giovanili. Bastarono due chiacchiere dopo il corso per capire che si sarebbero rivisti. Due chiacchiere che rivoluzionarono il mondo della pallavolo locale, perché da lì a qualche mese Verona vide per la prima volta due società concorrenti collaborare insieme per il settore giovanile e nel giro di 3 anni quei due allenatori portarono l’Under 13 in serie C. Robe da matti. Già.
Tutto questo è successo già da un po’, nel frattempo Gabri ha divorziato, fatto un figlio e poi costruito con me una faticosa e meravigliosa famiglia allargata. Ivan ha conosciuto Jessica, si sono sposati e sono nati Diego e Denis. Ivan e Gabri non hanno mai smesso di essere amici.
Poi un giorno quella telefonata: “Ivan ha la Sla”. Il silenzio. Le prime parole ricercate nel cassetto delle cose giuste da dire. Poi i pensieri inarrestabili. E la consapevolezza che per lui era arrivato il famoso spartiacque, quello che divide per sempre la tua vita tra un prima e un dopo. Quel momento in cui ti chiedi cosa viene prima di tutto, perché tutto ciò che era vero fino ad un momento prima sembra stupido e assurdo.
Era il 10 luglio del 2016 quando Ivan realizzò che qualcosa non andava. Non riusciva più a tenere in braccio il piccolo Denis, ma soprattutto quel 10 luglio un gruppo di amici lo spinsero a fare due palleggi a pallavolo e lui capì immediatamente che le sue gambe avevano qualcosa che non andava. Il corpo non rispondeva più ai comandi. Bisognava capire… la dottoressa quando lo vide gli diede una cura ricostituente e allo stesso tempo programmò gli esami neurologici. A quel tempo Diego, il primogenito di Ivan aveva cinque anni, Denis poco più di uno. Da qualche tempo sentivamo Jessica e Ivan parlare di nuovi progetto per la loro famiglia, una nuova casa. Poi.. Bum!
La vita è incredibile, in un attimo può cambiare completamente direzione. Può diventare velocissima, fermarsi. Può toglierti tutto, farti scoprire nuove parti di te.
La SLA è una malattia difficile da diagnosticare, non c’è un esame, un test o qualcosa di simile. Quando si avvertono i primi sintomi si parte da un lungo elenco di malattie possibili e poi se ne esclude una alla volta finché si arriva lì. A quella che per certi aspetti sembra essere la peggiore. Perché pian piano si porta via la tua forza, le tue gambe e nei casi peggiori anche il respiro.
Io posso solo immaginare ciò che ha provato Ivan, cosa c’era nel cuore di Jessica il giorno dell’esito, …
E poi (dopo la SLA a…)
Ecco… queste parole le scrissi il 19 giugno, arrivai esattamente qui, poi dovetti interrompere per uscire. Pensai… continuerò con calma. Poi farò leggere ad Ivan l’articolo per approvazione, forse ho fatto qualche errore. Volevo raccontare la storia di Ivan e raccontare che il 19 novembre avremmo corso con lui la Last10 km di Verona. Che Ivan semplicemente vivendo era stato in quelle ultime settimane, dopo la scoperta della SLA, un esempio dirompente di forza e positività. Avevo sentito Ivan qualche giorno prima, lo sentivamo abitualmente per organizzare la corsa, ma non parlavamo mai di emozioni o sensazioni, volevo farmi raccontare meglio gli ultimi mesi per poterli scrivere. Avevo lasciato inizialmente che fosse Gabri a stargli più vicino, ero rimasta defilata, ma ora sentivo di voler sapere, poter fare qualcosa. Ero timida al pensiero di chiedere, ma lui invece sembrava felice di dare la sua storia in pasto agli altri. In pasto… davvero come un nutrimento!
Quel giorno al telefono lui ha ripercorso con una serenità incredibile la scoperta della malattia, il cambiamento del suo corpo, la fatica crescente dei gesti quotidiani. Questa è la SLA. Pochi giorni dopo la moglie Jessica e gli amici gli hanno organizzato una festa a sorpresa per il suo compleanno. Ero felice di vederlo. Sapevo che ci sarebbero state moltissime persone, ma so bene che in queste occasioni si può fare la differenza, anche se non sembra, anche se si scambieranno solo poche parole. Esserci. Prendere la macchina dopo il lavoro e fare un’ora e mezza di strada per dire “Io ci sono”. Nonostante la distanza, nonostante anche le nostre vite a casini non scherzino, ci siamo. E poi avevo anche io bisogno di vederlo, confesso che non lo feci solo per lui. Sentivo il bisogno di fare qualcosa, di guardarlo negli occhi dal vero e non solo attraverso Skype.
Quel giorno ho visto Ivan per la prima volta da quando stava male e anche per l’ultima. Ivan il 14 luglio ha avuto un infarto improvvisamente e non c’è più.
Tutti gli amici hanno detto cose meravigliose il giorno del funerale, c’era una folla di persone incredibile, c’era soprattutto la consapevolezza che Ivan in qualche modo fosse lì. La sua bacheca di Facebook si è popolata di foto e ricordi. Una specie di movimento collettivo. La famiglia, i vecchi amici, la pallavolo, i colleghi… a tutti Ivan aveva lasciato qualcosa di speciale. Qualcosa di vero, senza retorica. Un pensiero, una frase, un gesto.
Ivan è quel genere di persone che riesce a lasciare chi l’ha incontrato con un debito, il debito di essere migliori. E quando senti di dover essere migliore non puoi stare fermo. Devi agire. Ed è incredibile come tutti stanno agendo davanti a questa mancanza che lascia senza fiato.
Allora anche noi non ci faremo pietrificare e non rimarremo fermi. Correremo la Last10 km a Verona come se Ivan fosse con noi: sosterremo ASLA, che lotta contro la Sla aiutando i malati e le loro famiglie e sosterremo soprattutto Jessica e i bimbi. Ora è lei, prima di ogni altro, a fare i conti col dolore assoluto, quello che toglie il respiro, quello che sembra sottrarti il futuro. Ma se Ivan era così orgogliosamente innamorato di lei un motivo di certo c’era. E lei che combatteva con lui da mesi, lo farà ancora.
A proposito di senza retorica… Questo è l’ultimo post di Ivan su Facebook. Ivan era così, anche con la SLA, anche bloccato nel giro di pochi mesi sulla sedia a rotelle.
….da togliere il respiro….
era un grande in tutto…. ero una sua collega di lavoro e con il suo modo scanzonato riusciva a darti il la nei momenti più tosti …
Credo che dobbiamo pensare di essere stati fortunati ad averlo conosciuto. Il suo ricordo e il suo esempio saranno sempre nei nostri cuori.
“Parlami delle cose che devo ancora fare non di quelle che non posso fare più….ho paura ma so che posso essere me stesso anche nella malattia ed essere me stesso mi riesce bene!”
Ivan Salamone
Andiamo avanti Ivan, tutti insieme!
Presente e futuro, perché
“… il sole ritorna sempre!”
Quando hai letto quella frase il giorno del funerale sono rimasta senza parole…