Ma come fai ad allenarti seriamente scattandoti foto e realizzando video che io neanche il giorno del mio matrimonio? Ma soprattutto… grazie a quale incantesimo sei impeccabile e bellissima anche quando sudi o esci dall’acqua, che io quando va bene sembro un panda e con il body da triathlon non ho manco le tette?
Ecco… l’ho detto! Muoio di invidia per quelle “sgnoccolone” che postano foto meravigliose in cui corrono leggiadre e bellissime, con il quadricipite in bella vista, i capelli al vento e l’abbigliamento coordinato. Oppure escono dall’acqua con le goccioline perfettamente incastonate nell’ovale del volto o, peggio, guardano l’orizzonte al fianco delle loro altrettanto impeccabili biciclette mostrando un lato B che solo a loro rimane apprezzabile dentro la divisa da ciclismo! Dee e dei dell’olimpo sportivo, che escono indenni da qualunque impari lotta con la fatica. Loro! (Che poi chi ca..o gliele fa tutte ‘ste foto? Hanno il maggiordomo, il fotografo personale, il compagno schiavo?!?!)
Io invece se mi scatto una foto mentre mi alleno, come minimo devo fare i conti con doppio mento, occhiaie, pancia, cellulite, peli superflui, ascella pezzata che neanche tutti i filtri di Instagram insieme ci mettono davvero una pezza.
Almeno fino all’avvento dei Social erano solo campioni e campionesse ad avere il privilegio di questa dimensione di narrazione eterea dello sport, e solo le copertine patinate ospitavano i loro invidiabili corpi, adesso invece spuntano atleti come funghi che neanche sugli appennini d’autunno e siamo circondati da un dubbio universo di più o meno verosimili allenamenti portati a termine da più o meno improbabili atleti. No, dai, lo so che non sono tutti così. E io sono la prima ad essere un’improbabile atleta, ma lasciatemi sfogare.
Avete capito… Da quando ho scelto di fare sport e di raccontarlo sono entrata non solo nel paese delle meraviglie sportive, ma anche in quello, appunto, di chi questo meraviglioso mondo lo popola e lo racconta. E il confine tra fare e raccontare non è sempre limpido e lineare. (Ci sta! Direbbe qualcuno.)
Non voglio sembrare il bue che dà del cornuto all’asino… Mettiamo le cose in chiaro: anche io scatto foto mentre mi alleno, ma questa questione delle foto è per me ogni giorno e ogni allenamento frutto di pensieri più o meno invasivi. Sono dopo tutto una donna che sa usare la mente molto di più di quanto sappia usare il corpo! E fidatevi, qualche volta non è un privilegio.
Mi fotografo o mi alleno? Mi vesto in coordinato perfetto o metto la divisa scolorita con cui sto comodissima? Faccio 3 piani e prendo i calzini dello sponsor o metto quelli che ho a portata di mano e al diavolo la foto delle scarpe? Lo so… esistono problemi più grandi. E uno di questi è portare a casa l’allenamento, appunto!
É inutile, ammettiamolo, se facciamo sport e decidiamo di raccontarlo, ad un certo punto si deve scegliere quale verità raccontare. Scegliere se postare la foto in cui si intravede la bavetta dello sforzo o quella scattata grazie alla collaborazione del tuo amico fotografo in un pomeriggio affatto sportivo. Scegliere se raccontare una piacevole e appassionante storia di allenamento o scegliere di raccontare la propria storia, anche quando non è esattamente come dovrebbe essere per piacere ai più.
Alcuni amici carissimi (Alice e Alberto di Passodue) si occupano di vendita etica, ecco a me piace l’idea di applicare il concetto di etica anche al racconto di sé. Ho scelto di raccontare ciò che sono. Punto. Lo faccio per immagini, lo faccio con le parole, lo faccio con la mia voce quando chiede di uscire. Se non lo fa, taccio.
Ad un certo punto ho dovuto scegliere (sempre a scegliere siamo nella vita…), scegliere se fare della mia storia un prodotto o farla rimanere una storia. Due strade diverse, entrambe plausibili s’intende. Come spesso accade nella vita ho intrapreso quella che mi somigliava di più. Quella istintiva, non programmatica, meno remunerativa forse, più vera. Ho scelto di mantenere un altro lavoro per poter essere libera. Libera di non postare quando non ho nulla da dire, libera di non fotografarmi quando mi sento infotografabile (molto spesso!), libera di non dipendere dal racconto. Il racconto è una conseguenza del fare, non viceversa.
A volte mi alleno, a volte mi fotografo, a volte riesco a fare entrambe le cose. Ma non riesco a mentire. Magari tra quelle scattate cercherò la foto più bella, ma non riesco a postare la foto di un allenamento se non mi sono allenata. Non trovo nessun godimento nello scattare 10 foto col fotografo e postarle pian piano nelle settimane successive. Godo invece a catturare attimi, anche irregolari e imperfetti. Ma veri!
Sono così, poco patinata per natura. Non riesco a trovare un mood da ripetere quotidianamente perché così Instagram funziona, non riesco a fare un piano editoriale per il mio blog. Sia chiaro, per i clienti sono in grado di farlo ogni giorno, ma lasciatemi godere di questo spazio tutto mio tra parole e fatica, anche se è imperfetto. Non avrò mai orde di follower, ne sono consapevole, ma quelli che ci saranno saranno riconoscibili, interessati, sinceri. E, ve lo garantisco, impagabili.
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