Sono le 17,33 di domenica 9 settembre e sto scrivendo su un tavolo all’aperto con i piedi sulla sabbia. Sono stanca. Ho nelle gambe 40 km di bici e una settimana intensa. Era previsto! Dirai tu.
La stanchezza, è vero, era prevista. Le emozioni no. Quelle non si riescono mai a prevedere fino in fondo.
Pensi a cosa accadrà.
Pensi che farai una staffetta con due donne speciali (un olimpico e voi non siete il prototipo delle atlete), pensi che qualcosa potrebbe andare storto, poi a quello che proverai se tutto andrà bene. Pensi che non sei pronta come vorresti per i tuoi 40 km di bici e pensi che vuoi dare tutto, ma proprio tutto, per essere all’altezza. Pensi, pensi… (perché io penso sempre troppo).
Poi arriva il momento.
E c’è il mare. E la paura vera negli occhi di Francesca. Ci sono i passi di Manuela e la fatica dei miei cavalcavia da ripetere 6 volte. Ci sono mani strette che corrono vicine. Ci sono le lacrime e ci sono gli abbracci.
E c’è una parola: grazie. Che dice tutto e non dice abbastanza.
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