Ogni tanto accadono cose che non dovrebbero accadere. Semplicemente. Ma accadono. La vita è il solito fastidioso pacchetto “tutto compreso”.
Questa settimana ho ricevuto una cattiva notizia. Di quelle senza se e senza ma. Di quelle che non riguardano direttamente te, ma che riguardano tutti. Perché una brutta notizia, quando entra nella tua vita, ti ricorda quanto siamo fragili e indifesi. E ti sbatte davanti quanto la tua idea di felicità possa essere labile, infinitamente labile. Appesa ad un filo.
Le cattive notizie sono stampate sulla faccia di chi entra nella stanza per comunicarcele molto prima che ce le comunichi. Non so perché, ma tu lo capisci subito che c’è qualcosa che non va, che è una cosa seria. Come se prima di prendere la forma delle parole, quella notizia si aggirasse scomoda negli occhi assenti di chi già la conosce, nei suoi gesti meccanici e incapaci di rassicurare.
Eravamo in una stanza e in un attimo abbiamo condiviso un dramma, che non era direttamente nostro e insieme era di tutti. Lo abbiamo condiviso senza preavviso, come sempre accade in questi casi. Una fucilata mentre passaggi in campagna.
In un attimo le barriere tra noi si sono abbassate, non esistevano ruoli. Non eravamo più colleghi, non c’era più abiti giusti o atteggiamenti. Eravamo persone. Nude. Con le lacrime agli occhi, i pensieri confusi e le mani che non sanno dove stare. Perché le brutte notizie rivelano ciò che siamo. E il dolore è uno degli strumenti più potenti per connetterci a noi stessi. Nel bene e nel male.
In quel momento i casini del lavoro sono scomparsi, è scomparso il mio autunno di merda, il senso di fatica che mi attanaglia da settimane. C’era solo un dramma, che poteva essere di tutti, e che la vita aveva voluto lì, nelle mani di una persona amica. Una persona che si è trovata improvvisamente di fronte ad una montagna. E c’è vento, è freddo e lei fino ad un secondo prima era su una spiaggia che passeggiava a piedi scalzi al tramonto.
Tu sei lì, alla tua scrivania… Ma percepisci quel dramma. Netto. Un coltello che scivola mentre tagli il pane ed entra nella carne. La tua.
Senti il freddo, ascolti quel vento, vedi la montagna all’orizzonte tra la nebbia… E ti percepisci lì, in un luogo che d’un tratto è diventato comodissimo. E accarezzi le tue ferite. E pensi ce la farà. Sarà dannatamente difficile, ma ce la farà. Perché la cima arriva sempre. Anche quando sembra impossibile. Anche quando il cammino ti segnerà per sempre. La cima arriva. Come il sole dopo la più buia delle notti.
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