È una teoria di domande quella che mi ritrovo in valigia al ritorno da Istanbul. Come le luci sui lampadari della moschea, come i dolcetti tipici, a frotte di zucchero sugli scaffali o i pescatori improbabili notte e giorno sul Bosforo, a riempire il tempo con riti di sopravvivenza e allegria su di un ponte affollato, tra le urla dei gabbiani e lo strazio delle loro vite troppo difficili. Domande che ogni viaggio porta con sé, ma che oggi sono più pungenti e insistenti. Una moltitudine di case e finestre affastellate sui colli a cui hanno rubato tutti gli alberi. Cemento antico e sghembo su cui svettano momenti di instabile modernità e insistenti minareti.Continue Reading